Il mio soggetto di riferimento si chiama Jim e viene da Chester, non lontano da Liverpool in Gran Bretagna. Ha 58 anni e 25 anni da postino alle spalle. Ha deciso per la pensione quando le poste britanniche, Royalmail, avevano ormai il destino segnato dalla privatizzazione. La velocità a cui Jim parla sembra essersi accordata con quella del mare e del vento su questa lunga spiaggia poco a Sud di Bangkok.

Vale a dire inesistente. Bangsaphan è un villaggio dalle dimensioni minime, votato alla pesca dei calamari, affacciato su una gola tanto stretta da rendere il mare una tavola riflettente. Per avere un’idea di onde si deve aspettare la marea notturna che comunque è altrettanto lenta e silenziosa. Il vento è egualmente pacato e utile appena ad increspare il mare e muovere le fronde dei pini marittimi e delle palme da cocco. Se tutto questo sembra lento, immutabile, e lo è, Jim è più lento. Ogni sua storia prende almeno cinque minuti. E tutte hanno la stessa intonazione e ritmo, in un inglese fondamentalmente incomprensibile a chiunque non abbia vissuto molti anni nel nord britannico.

Oggi veste la sua maglietta dell’Inter. Ieri era quella del Milan. Il giorno prima il Manchester, o l’Arsenal. Ne ha comprate sette al mercato per 100 Baht l’una. Circa due euro a maglietta. L’abbigliamento calcistico, in materiali acrilici di bassa qualità, è quindi la sua scelta per passare la pensione. Non certo una scelta votata all’eleganza. Ma qui questa a poco servirebbe. Sono solo due sono i ristoranti nei pressi della Guest House Lola in cui risiede in un bungalow vista mare. Il venerdì l’unico giorno in cui è costretto a cambiare, dato che il posto in cui va per colazione, pranzo e cena, è chiuso.

Almeno una volta ogni qualche ora afferma: “questa è la vita” (“this is the life”). Con appena un poco più entusiasmo del solito, ma un sorrisetto soddisfatto che sfugge dagli angoli della bocca. L’occupazione del pomeriggio è la pesca dalla spiaggia. Come ogni eroe dell’immobile che si rispetti questa è un’attività eternamente votata all’insuccesso. Giorno dopo giorno, ora dopo ora ed esca dopo esca, niente abbocca. Troppo basso il fondale, troppo furbi i piccoli pesci che popolano le acque vicino alla riva. Ma Jim continua la sua lotta ai mulini a vento, affacciato sul suo deserto dei Tartari.

Non legge Jim, guarda tranquillo di fronte a se, a volte fuma e parla molto ogni volta che ne ha l’occasione. A volte lo vedo raccontare una delle sue classiche storie legate alla vita quotidiana a persone thailandesi che non capiscono letteralmente una parola di quello che dice. Ma conta ben poco questo, quel che conta è l’occasione di esternare un pensiero covato a lungo.

Jim è sereno, però, non ci si sbagli. Potrà soffrire la solitudine in certi momenti, ma mai abbastanza da incrinare la convinzione nel suo mantra: “questa è la vita”. E come dare torto a qualcuno che viene da un’isola che non vede mai il sole due giorni consecutivi, è sempre sferzata dal vento ed inumidita dalle piogge? Sedere sulla veranda in riva al mare, con la gentilezza della padrona e cuoca thailandese che vedendolo tre volte al giorno ne è diventata quasi la mamma, è un lusso più che sufficiente. L’obiettivo poi è l’attesa degli amici di casa che arriveranno all’irrigidirsi dell’inverno inglese. Forse. O forse è un pensiero che aiuta a dar senso a queste giornate solitarie.

La sera comunque il posto si popola di altri espatriati e locali. Tutti riuniti all’unico bar del posto: il “Why not?”. Che ha un grande bancone ovale, sulla spiaggia. Quando vuole quella è l’occasione per farsi una birra e qualche risata con altri canuti britannici dalle voci grevi. Ma a lui piace poco, preferisce il locale più silenzioso. Preferisce il senso di casa che l’abitudine dà. Perché “questa è la vita”, per Jim.

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