Goa e l’India in genere rispetto al resto del sud asiatico hanno una fauna umana diversa ed originale. Un turismo mirato, esperto, di chi si trasferisce a passare la stagione e trovare una nuova casa più che cercare l’avventura e l’esplorazione. Qui i volti glabri di chi è in gap-year passano in secondo piano, diluendosi nei tanti altri volti del turismo diventando una fra le molte tribù.
A Goa le mode dei mercati di Bangkok, i pantaloni leggeri decorati con elefanti, o le canottiere della birra Chang, lasciano il posto a dilatatori e marsupi mille tasche, capi fluorescenti e zaini con le spine. I lunghi rasta abbinati a gilet in pelle entrano a far parte della quotidianità. Come il rombo di motore delle Royal Enfield e la più cauta andatura degli Honda Dio. Sono le tribù di Goa. La comunità dei rave e non solo che si riversa tra questi piccoli villaggi di case colorate e palme da cocco.
Non che la grande affluenza o le feste abbiano distrutto il luogo. Lo sviluppo è stato più che decoroso. Non si vedono palazzi più alti di tre piani, o grandi condomini in cemento, se non nei principali centri e lontano dalle spiagge. Le vecchie case portoghesi, ognuna unica nei suoi colori e nella forma, sono state rimesse a nuovo e salvate dalla decadenza. Inoltre, tendenzialmente, il turismo occidentale in Asia porta più attenzione per gli spazi urbani e lo smaltimento dei rifiuti rispetto a quando il flusso di visitatori è solo asiatico. Almeno un aspetto positivo del turismo di massa.
La più grande e influente tra queste tribù è quella russa. Vedere russi in giro per Goa è quasi più facile che vedere un indiano. Da Mosca si può acquistare un volo diretto per Goa a prezzi stracciati, anche sotto i 200 Euro. Ragazze dalla pelle bianca latte, i capelli d’oro, i vestiti a dir poco succinti, popolano questo lembo di terra segnando una differenza che più marcata non si potrebbe con il resto del paese. Se pensiamo che nel non troppo lontano Rajasthan le donne girano per le strade quasi esclusivamente coperte da un fino velo, vedere un metro e novanta di russa in perizoma è un discreto cambiamento.
Come reagiscono i goani ci si chiederà? Con qualche protesta dalle vecchie generazioni, ma in maggioranza con enorme e appassionata approvazione. Intanto perché più o meno tutti a fine giornata contano i guadagni ottenuti grazie alle orde di turisti, ma anche perché gli uomini indiani sono veri e propri fan delle donne occidentali. Ne sono ossessionati. Non è un caso infatti che siano trattati come la peste in molte occasioni. Ad esempio ogni martedì sera, quando il tempio della psy-trance Shiva Valley ospita una media di un migliaio di indiavolati, decine di giovani locali rigorosamente maschi sono tenuti all’esterno e confinati alla spiaggia per evitare che disturbino la quiete psichedelica degli occidentali.
La scelta del termine tribù per questo articolo non è casuale. Oltre ad evocare l’idea esotica di primitive comunità che popolano terre lontane e misteriose, il termine indica una tendenza: quella a riunirsi fra propri simili. I russi, anche perché maggioranza ed anche perché spesso pessimi nel loro inglese, sono i più netti in questa demarcazione. Senza mescolarsi ad altre tribù colonizzano intere aree. Tutto il nord di Goa infatti in un certo modo è loro territorio. Le spiagge di Morjim e Ashvin in particolare.
Un’altra tribù numerosa ed originale è quella degli israeliani. É molto comune per loro, finito il servizio di leva obbligatorio nella terra natale venire a spendere qualche mese in India. Usciti da due o tre anni di disciplina militare si vengono a sfogare, full power come piace loro dire, approfittando dei prezzi e delle libertà. Facendosi crescere barbe e capelli lunghissimi e vestendo abiti vagamente elfici. Essere in India per la tribù israeliana significa alcuni luoghi selezionati. Goa e Himachal Pradesh su tutti. Perché generalizzando gli israeliani sono accaniti e puntigliosi fumatori. Fumano quasi esclusivamente cillum e charas raffinatissima.
Oltre per le nazionalità le tribù si differenziano anche per la località scelta come propria residenza. La fauna più varia è quella che si sistema ad Arambol. Ultima spiaggia fra le principali del Nord di Goa. Qui si riversano in massa i turisti a basso-costo, visto che molte delle sistemazioni più a buon mercato si trovano qui. Come anche chi desidera dedicarsi allo yoga o ad altre discipline tipiche del misticismo indiano. Chi desidera e può permettersi una qualità della vita più alta si trasferisce poco più a Sud ad Anjuna. Andando ancora più decisamente verso Sud o nell’interno, tra Baga, Calangute, Palolem, ci si allontana dall’area delle feste, mentre aumentano le ville, i ristoranti di lusso e la quiete delle grandi spiagge.
Se si considera che nelle centinaia di abitazione disponibili, dalle capanne sulla spiaggia, alle Guest House, fino ai grandi alberghi, in alta stagione non si trova una camera libera. Con prezzi che ridicolizzano quelli del resto del paese essendo mediamente almeno cinque volte più cari. Si aggiunga a questo che ogni giorno una, o più, enormi feste accolgono la massa di neo-colonizzatori psichedelici e non sarà difficile capire che Goa è fondamentalmente un gigantesco festival musicale che va avanti senza interruzione per almeno sei mesi.
È un posto unico. Devoto a servire le necessità dei giovani occidentali. Somiglia a Bali in un certo senso. Anche quello un paradiso culturale, naturale, estetico, di cui la ricchezza occidentale si è impadronita facendone il proprio parco giochi. Somiglia in un altro senso ad una città come Las Vegas. Visto che l’esistenza di Goa come è al momento non avrebbe senso senza i party, le spiagge e la libertà di fare più o meno quel che più piace. Tanto quanto Las Vegas sarebbe vuota in due giorni senza roulette e slot machine. Il luogo esiste per una ragione precisa, per questa soltanto in tanti convergono qui. Non che proprio tutti se ne vadano all’arrivo del Monsone, ma la grande maggioranza migra dove più conveniente, leva le tende come un esercito a fine assedio, o un circo a fine stagione.
A Goa al posto del deserto del Nevada, però, se i tendoni delle feste sparissero, portandosi dietro spacciatori e ballerine, rimarrebbe un intreccio di villaggi persi in una foresta tropicale fitta ma non asfissiante. File piacevolmente disordinate di case coloratissime ad un piano, con i tetti spioventi in tegole rosse. Chiese e templi Hindu che si alternano di paese in paese. Campi di calcio terrosi, ad un passo dalla strada, dove giocano bambini vestiti con le maglie dei campioni europei. Rimarrebbe un luogo incantevole, lento e tropicale, con quel tocco portoghese a renderlo più familiare.