Il viaggiatore solitario può essere considerato come una figura semi-eroica. É una figura individualista se si vuole, ma come può esserci eroismo senza individualismo? E poi si parla di un individualismo sano, positivo, aperto agli altri e al mondo come pochi altri possono dimostrare d’essere. Il suo riferirsi esclusivamente ai propri desideri, ai propri bisogni, costruendo il proprio futuro ogni giorno, sempre aperto al movimento, mai domo, mai troppo impaurito per ricominciare. Questi sono segni di una forza unica: segni di eroismo.

Se l’eroismo non piace, invece, è un po’ di destra in effetti e superato se vogliamo, possiamo considerare il viaggiatore solitario un simbolo di ottimismo. Una vera bandiera dell’ottimismo. Vivere con la coscienza che dietro ogni angolo, in ogni nuovo posto, si troverà qualcosa di buono e bello, sempre migliore addirittura. Senza la necessità di fermarsi, di sedimentarsi in un solo luogo, territorio, gruppo sociale. È il segno che ancora c’è chi si fida degli altri, chi si fida di questo pianeta nel serbare bellezza per chi ha la forza di cercarla.

La forza del viaggiatore solitario la si trova specialmente in un momento, un evento che sempre si pone per chiunque viaggi solo. Questo momento è quello in cui si deve salutare gli amici trovati. Quando viaggiando si incontra persone con cui si sposa i propri intenti, a cui si affida la propria sicurezza e ci si carica della responsabilità della loro. Con cui si scambiano sorrisi, giochi, difficoltà, fatica, si viaggia insieme insomma. Arriva però il momento in cui le strade si dividono, perché per quanto si possa modificare il proprio cammino per unirlo a quello di altri, si dovrà prima o poi tornare ai propri di sogni. E il viaggiatore solitario è prima di tutto un sognatore ed è spinto dai propri sogni. Illusori la maggior parte delle volte, come i sogni devono essere. Ma i sogni non sono qualcosa che si può abbandonare, tanto prima o poi tornano a galla. Così ci si trova costretti a dire ciao, arrivederci. Prendere la propria direzione senza voltarsi indietro (magari una volta, sbirciando, ma niente di più, senza smettere di camminare). E quel momento è difficile, difficilissimo. Ma è qui che l’eroe viene fuori, o l’ottimista a seconda di cosa piaccia di più. Se ieri ho incontrato qualcosa di bello, perché non dovrebbe accadere di nuovo? E accade. S’impara rischiando che accade sempre. Se per caso invece s’incontrano difficoltà, o pericoli, esperienze negative, ancora di più la fede che il domani comunque ha in serbo la bellezza che ci ha donato in passato ci aiuterà a superare ogni cosa.

È qui che il viaggiatore sfiora la divinità, diventa un Buddha, l’incarnazione della fede. Nel possedere la ferrea convinzione che la strada di fronte a sé porterà altri volti sorridenti, altre voci amiche, altre mani pronte ad aiutare con i propri pesi. Altro amore in una parola.

Un’altro dettaglio che non si può sottovalutare è che nessuno (proprio nessuno, nemmeno un DJ o una rockstar) avranno più amici di chi viaggia da solo. Perché il mondo è pieno di persone pronte ad accoglierci e il cuore del viaggiatore solitario è aperto ad incontrare chiunque. Questi amici poi saranno tutti differenti, l’uno più diverso dell’altro, più imprevedibilmente differente dai precedenti. Viaggiando da soli è difficile avere un attimo per se stessi. Sarà dura avere più di un giorno o due ogni tanto da spendere veramente soli. Perché non si può rifiutare una cena, una gita, o quel che sia, a persone appena incontrate che desiderano la nostra compagnia. Sarebbe come rifiutare ospitalità, perché di ospitalità si parla: l’essere benvoluti ospiti nella vita, nel tempo, altrui. Che si può chiedere di più? E come si può rifiutare?

C’è ancora un’altra cosa da dire. Il tempo che si passa con le persone incontrate per caso, che siano solitari come noi, o gruppi di persone che ci hanno accolto fra loro, è sempre molto breve. Può essere lungo relativamente ai giorni di un viaggio, può essere intenso, ma sarà sempre breve in confronto a quello speso con gli amici di sempre e i compagni di scuola. Essendo il tempo speso assieme limitato sarà difficile che la relazione abbia tempo per generare emozioni negative. Solo i lati migliori delle persone e dei rapporti con queste ci saranno offerti e in pochi giorni si creeranno splendide amicizie.

C’è poi un’ultimo tratto che caratterizza il viaggiatore e in particolare il viaggiatore solitario: l’arte di cambiare idea. Se è fondamentale avere un percorso proprio ed essere capaci di tornarvi sempre, una qualità ancora migliore è quella di essere sempre pronti a cambiare idea. E un buon viaggiatore eccelle in questo. Cambiare idea significa avere i piedi liberi di saltare in ogni nuova idea, da un momento all’altro. Dicendo solo: si. Oppure si può spiegare così, con una ragione semplicissima: saper cambiare idea è importante perché le idee altrui possono scoprirsi essere migliori delle nostre.

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